Se ti stai chiedendo cos’è il PRP, e come riuscire a capire se si tratta di un PRP di qualità, proveremo a chiarirti le idee in quest’articolo.
Il plasma ricco di piastrine (PRP) è una concentrazione autologa di piastrine in un piccolo volume di plasma. Le piastrine sono piccoli corpi non nucleati nel sangue periferico, noti principalmente per il loro ruolo nell’emostasi.
Partiamo subito col dire che il vero PRP è autologo e non omologo, quindi il PRP deve essere utilizzato sullo stesso paziente sul quale viene effettuato il prelievo.
Per ottenere il PRP è sufficiente un prelievo di sangue, la siringa utilizzata per il prelievo deve contenere una soluzione di sodio citrato (anticoagulante) che serve a legare il calcio ionizzato e inibire la cascata coagulativa. Per il prelievo è raccomandato un ago da 18-gauge, così da ridurre lo stress per le piastrine e per far sì che rimangano in uno stato di relativa inattività, senza rilasciare sin da subito tutti i fattori di crescita.
Al prelievo seguono una o due fasi di centrifugazione. La prima fase di centrifugazione separa i globuli rossi e bianchi dal plasma e dalle piastrine. La seconda fase di centrifugazione (raccomandata per un PRP di qualità) concentra ulteriormente le piastrine, producendo un pellet di piastrine separato dal plasma povero di piastrine (PPP).
I processi di centrifugazione produrranno alla fine tra 3 e 6 ml di plasma ricco di piastrine, partendo da un prelievo di 30 o 60 ml di sangue intero, rispettivamente.
Quando il PRP viene rilasciato sul sito di interesse, la coagulazione porta all’attivazione delle piastrine, con conseguente rilascio dei fattori di crescita dagli α-granuli. Circa il 70% dei fattori di crescita immagazzinati vengono rilasciati entro 10 minuti, e quasi il 100% dei fattori di crescita vengono rilasciati entro 1 ora.
Piccole quantità di fattori di crescita possono continuare ad essere prodotte dalla piastrina durante il resto della sua vita (da 8 a 10 giorni).
Quando il PRP viene rilasciato sul sito di interesse, la coagulazione porta all’attivazione delle piastrine, con conseguente rilascio dei fattori di crescita dagli α-granuli. Circa il 70% dei fattori di crescita immagazzinati vengono rilasciati entro 10 minuti, e quasi il 100% dei fattori di crescita vengono rilasciati entro 1 ora.
Piccole quantità di fattori di crescita possono continuare ad essere prodotte dalla piastrina durante il resto della sua vita (da 8 a 10 giorni).
Ci sono diversi modi per ritardare il rilascio dei fattori di crescita nel tempo:
Una volta che la piastrina è esaurita e si spegne, il macrofago, che è arrivato nella regione attraverso la crescita vascolare stimolata dalle piastrine, assume la funzione di regolazione della guarigione della ferita secernendo a sua volta fattori di crescita. Pertanto, il numero di piastrine nel coagulo di sangue all’interno dell’innesto, della ferita o aderente a un lembo stabilisce il tasso di guarigione della ferita. Il PRP non fa altro che aumentare questo numero.
Il PRP può essere valutato sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
Il procedimento è un primo indicatore di qualità:
il prelievo deve fornirci un campione di sangue non emolitico e realizzato in tempi che permettano di evitare l’inizio della coagulazione. Un buon PRP deve sottostare ad un procedimento con doppia centrifugazione, con la prima dovremmo osservare una netta separazione tra plasma e globuli rossi e una linea di demarcazione, il buffy coat.
Come accennato più in alto in questo articolo, la seconda centrifugazione permette invece di ottenere una maggiore concentrazione di piastrine, alla fine di questa fase dovremmo infatti poter osservare un deposito di piastrine che andranno risospese in una piccola quantità di plasma, in genere 6 ml (partendo da un prelievo di 60ml).
Il procedimento è un primo indicatore di qualità:
il prelievo deve fornirci un campione di sangue non emolitico e realizzato in tempi che permettano di evitare l’inizio della coagulazione. Un buon PRP deve sottostare ad un procedimento con doppia centrifugazione, con la prima dovremmo osservare una netta separazione tra plasma e globuli rossi e una linea di demarcazione, il buffy coat.
Come accennato più in alto in questo articolo, la seconda centrifugazione permette invece di ottenere una maggiore concentrazione di piastrine, alla fine di questa fase dovremmo infatti poter osservare un deposito di piastrine che andranno risospese in una piccola quantità di plasma, in genere 6 ml (partendo da un prelievo di 60ml).
Per quanto riguarda l’aspetto quantitativo possiamo fare riferimento al numero minimo di piastrine in un certo quantitativo di plasma, perché il derivato ematico possa essere considerato PRP.
Poiché la maggior parte degli individui ha una conta piastrinica basale di 200.000, 75.000/ μl, una conta piastrinica del PRP di 1 milione/μl (±20%) misurata in un’aliquota standard di 6 ml è il punto di riferimento per il “PRP terapeutico”.
Per la conta piastrinica possiamo procedere in 2 modi
Con un emocitometro, utilizzando un campione di PRP di circa 500 μl da inserire all’interno della macchina tarata sulla specie animale donatrice (operazione di cui si occuperà il nostro laboratorio di analisi di fiducia). Un emocitometro potrebbe però non essere in grado di contare con elevata accuratezza le piastrine nel PRP, questo perché, a volte, durante il processo di concentrazione, le piastrine possono aggregarsi e non essere riconosciute e correttamente lette dallo strumento, che non riconoscerà il cambiamento di conformazione o dimensione delle piastrine.
Il metodo alternativo che suggeriamo è quindi effettuare una conta sul sangue intero, plasma e PPP ed effettuare poi la seguente operazione:
N° piastrine del plasma – numero di piastrine del PPP = n° piastrine PRP
Basterà quindi dividere il n° di piastrine del PRP per i microlitri di plasma finale in cui stiamo risospendendo le piastrine, ottenendo così la concentrazione di piastrine nel PRP (espressa come Piastrine/μL).
Per ottenere il fattore di concentrazione, che esprime quante volte in più sono state concentrate le piastrine rispetto al sangue interno ed è indice di un PRP di qualità, ci basterà fare la seguente operazione:
Concentrazione piastrine PRP / concentrazione piastrine sangue intero
L’alternativa all’emocitometro può essere un semplice microscopio da laboratorio con una camera di Burker.
Per contare le piastrine tramite la camera di Burker:
Diluisci un campione di PRP di 1:10 utilizzando soluzione fisiologica, così da rendere il n° di piastrine contabile ad occhio nudo. Preleva un campione di 10 μL circa ed inseriscilo nella camera di Burker. Conta il n° di piastrine almeno su 3 quadrati della camera, e calcola la media delle 3 conte, ottenendo così un n° medio di piastrine.
A questo punto, moltiplica il n° di piastrine ottenute per il fattore di diluizione (nel nostro caso sarà 10) e moltiplica di nuovo per 104, ottenendo così la concentrazione piastrinica nel PRP espressa in Piastrine/ml.
Diluisci un campione di PRP di 1:10 utilizzando soluzione fisiologica, così da rendere il n° di piastrine contabile ad occhio nudo. Preleva un campione di 10 μL circa ed inseriscilo nella camera di Burker. Conta il n° di piastrine almeno su 3 quadrati della camera, e calcola la media delle 3 conte, ottenendo così un n° medio di piastrine.
A questo punto, moltiplica il n° di piastrine ottenute per il fattore di diluizione (nel nostro caso sarà 10) e moltiplica di nuovo per 104, ottenendo così la concentrazione piastrinica nel PRP espressa in Piastrine/ml.
Se ancora oggi esistono detrattori del PRP è perché ci sono diversi modi per produrlo e diversi kit per PRP (vedi i nostri Ready, Run e Eyes n.d.a.) sul mercato, alcuni non concentrano piastrine attive in numero sufficiente per produrre la guarigione;
Per questo motivo è importante utilizzare kit e metodi che permettano di ottenere un PRP autologo con la concentrazione minima stabilità di 1 milione/μl, con la corretta procedura è possibile ottenere uno strumento efficace per contrastare patologie articolari, oculari e per il trattamento delle ferite.
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